IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza.
   In data  22  febbraio  1993,  Diana  Elda  mentre  era  alla  guida
 dell'autovettura,  tg.  BS/E33184  eseguiva l'inversione del senso di
 marcia nell'area antistante il casello autostradale  di  Cremona.  Il
 procuratore  della  Repubblica  presso la locale pretura, ricevuta la
 notitia criminis, richiedeva decreto di citazione a giudizio di Diana
 Elda, perche' rispondesse del reato p.e p. dall'art. 176, commi  1  e
 19, cod. strad.
   Questo   pretore,  in  via  preliminare,  rileva  che  la  condanna
 eventuale per la  contravvenzione  suindicata  comporta  la  sanzione
 amministrativa  accessoria  della  sospensione della patente di guida
 per un periodo da sei mesi a due anni, anche in assenza di  qualsiasi
 pericolo  concreto per gli altri utenti, laddove per la violazione di
 ogni altra norma della circolazione, commessa su carreggiata, rampe e
 svincoli e dalla quale derivino danni alle persone (lesioni personali
 colpose e omicidio colposo), la durata della sanzione puo' variare da
 quindici giorni a un anno (art. 222 cod. strad.).
   Siffatta disciplina non sembra conforme all'art. 3 Cost..
   In proposito si osserva che l'art. 176, commi 1 e 19,  cod.  strad.
 vieta,   sulle  carreggiate,  sulle  rampe  e  sugli  svincoli  delle
 autostrade, di invertire il  senso  di  marcia,  di  attraversare  lo
 spartitraffico  e  di  percorrere  la carreggiata o parte di essa nel
 senso di marcia opposto a quello consentito.
   La ratio della norma e' di garantire che la  circolazione  in  quei
 punti  critici  si  svolga in condizioni di sicurezza, impedendo agli
 utenti una condotta idonea a mettere in pericolo l'incolumita'  delle
 persone e delle cose.
   Il  divieto ha un valore assoluto, poiche' tali manovre sono sempre
 proibite, salvi i casi  previsti  da  specifiche  disposizioni  (art.
 176,  commi  12  e  14),  che  devono  essere  interpretate  in  modo
 restrittivo e sono insuscettibili di applicazione analogica (art.  14
 disp. sulla legge in generale).
   La  contravvenzione  in esame e' reato di pericolo, che puo' essere
 commesso con dolo o colpa, essendo, pero',  necessario  che  l'azione
 sia  cosciente  e volontaria, secondo la regola fissata dall'art. 42,
 comma quarto cod. pen..
   Nel caso sottoposto al vaglio giudiziale,  la  manovra  vietata  fu
 compiuta  nell'area  antistante  il  casello  autostradale, dove pure
 opera il divieto penalmente sanzionato.
   Al  fine di verificare la correttezza di quest'ultimo assunto (cio'
 rientra nei compiti di questo giudice,  ai  sensi  dell'art.  444  in
 relazione  all'art.  29  c.p.p.,  ma  il  discorso  consente anche di
 inquadrare il problema nelle sue coordinate essenziali, per  cogliere
 i  profili di incostituzionalita' della norma), si precisa che l'art.
 2, comma terzo lett. a), cod.strad., nel fissare  le  caratteristiche
 minime  di  un'autostrada,  cosi' la definisce: "strada extraurbana o
 urbana  a  carreggiate  indipendenti  o  separate  da  spartitraffico
 invalicabile,  ciascuno  con  almeno  due corsie di marcia, eventuale
 banchina pavimentata a destra priva  di  intersezioni  a  raso  e  di
 accessi  privati,  dotata  di  recinzioni  e di sistemi di assistenza
 all'utente lungo l'intero tracciato, riservata alla  circolazione  di
 talune  categorie  di  veicoli a motore e contraddistinta da appositi
 segnali di inizio e fine.  Deve essere attrezzata con  apposite  aree
 di  servizio  ed  aree  di parcheggio, entrambe con accessi dotati di
 corsie di decelerazione ed accelerazione".    La  definizione  amplia
 quella  del  codice abrogato, attraverso numerosi dettagli, ma lascia
 sostanzialmente invariato  il  concetto  di  arteria  riservata  alla
 circolazione  di  autoveicoli  e  motoveicoli,  cioe'  a  particolari
 categorie di utenti.
   Da un punto di vista  meramente  descrittivo,  i  dati  strutturali
 dell'autostrada  sono  i lunghi rettilinei con curve ad ampio raggio,
 le limitate pendenze, l'eliminazione completa  delle  intersezioni  a
 raso,  mediante  la  creazione  di  soprappassaggi o sottopassaggi in
 corrispondenza  di  incroci  con  ferrovie  e  strade  ordinarie,  la
 larghezza   delle   carreggiate,  adeguate  alle  particolarita'  del
 traffico, l'installazione di rifornimenti, l'assistenza  in  caso  di
 infortuni.
   L'uso  dell'arteria  in  esame  e'  subordinato  al pagamento di un
 pedaggio,  ma  questa  circostanza  non   costituisce   un   elemento
 essenziale  dell'autostrada,  poiche'  alcuni  tratti, attesa la loro
 finalita' di interesse pubblico, sono percorribili gratuitamente.  E'
 bene   evidenziare  che  nessun  utente,  per  il  solo  fatto  della
 prestazione del pedaggio, acquista la possibilita'  di  un  uso  piu'
 ampio rispetto a quello di ogni altro utente.
   Tutti,  pur  pagando il pedaggio, fruiscono della strada secondo la
 sua normale destinazione e l'uso del bene rimane "uso  comune  e  non
 uso speciale".
   Il  versamento del pedaggio avviene nelle stazioni esistenti "sulle
 autostrade" - cosi' testualmente l'art. 176, comma 11, cod. strad.  -
 all'altezza  delle  quali   i   conducenti   devono   arrestarsi   in
 corrispondenza  delle  apposite  barriere.  Codesti punti di esazione
 sono preceduti e seguiti (in entrata  e  in  uscita)  da  un'area  di
 ampiezza  variabile,  il  cui  scopo  e'  di  consentire  l'ordinario
 incolonnamento e il deflusso dei veicoli, secondo le indicazioni date
 dalla segnaletica o dal personale addetto.
   Gli spazi de quibus appartengono alla sede autostradale.
   Siffatta conclusione si  basa  non  solo  sull'argomento  letterale
 fornito  dal  citato  articolo  176,  comma  11, ma trova un equivoco
 riscontro normativo nell'art. 2, comma 3, lett. a), cod.  strad.,  il
 quale  prevede  che  l'autostrada  "e'  contraddistinta  da  appositi
 segnali di inizio e fine".
   L'importanza   di   siffatta   precisazione   non   puo'   sfuggire
 all'interprete,  essendo  indiscutibile  che  la   disciplina   della
 circolazione  trovi  la  sua  fonte  nella  legge e nei provvedimenti
 emessi dalle  autorita'  competenti  resi  manifesti  dagli  appositi
 segnali. Orbene, in corrispondenza di ogni accesso autostradale, dove
 cioe'  iniziano  a  valere  le  speciali  regole,  e'  installato, in
 conformita' al disposto degli articoli  39  ss.  cod.  strad.  e  135
 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  16 dicembre 1992, n. 495
 (regolamento esecuzione codice stradale), un cartello  che  comprende
 due  segnalazioni:  quella  di "inizio autostrada" e il riepilogo dei
 divieti di transito connessi con il regime autostradale.
   Il cartello "fine autostrada" e'  posto,  invece,  al  termine  del
 nastro  autostradale,  e  comunque  oltre  la stazione di uscita, per
 indicare che da quel punto cessa  la  vigenza  di  quelle  regole  di
 circolazione.    Poiche'  i  segnali  rappresentano la manifestazione
 visibile   della   volonta'   dell'autorita'   competente,   i    cui
 provvedimenti amministrativi sono conosciuti dagli utenti solo quando
 siano resi noti mediante quei simboli esteriori, deriva una inferenza
 particolare  in  ordine  al  problema  che  ne  occupa:  su  tutto il
 tracciato compreso idealmente tra i due segnali  indicati  (inizio  e
 fine  autostrada)  e,  percio',  sulle aree che precedono e seguono i
 caselli nei due sensi, operano le norme  proprie  della  circolazione
 autostradale.
   Bisogna tener presente che l'inversione del senso di marcia, per il
 disposto  dell'art.  176 comma 1, e' vietata sulle carreggiate, sulle
 rampe e sugli svincoli delle strade di cui all'art. 175, comma primo,
 il quale contempla  non  solo  le  autostrade,  ma  anche  le  strade
 extraurbane  principali e le altre strade individuate con decreto del
 Ministro dei lavori pubblici, su proposta dell'ente  proprietario,  e
 da indicare con apposita segnaletica d'inizio e fine.
   E'  facile  da cio' arguire che gli utenti di queste ultime arterie
 hanno la possibilita' di apprendere gli  obblighi  imposti  solo  dai
 segnali, onde una conferma ulteriore delle argomentazioni esposte.
   D'altronde,  il principio in base al quale l'utente della strada ha
 ragione di fare affidamento sull'inesistenza di pericoli  (intendendo
 per  pericolo  la situazione potenzialmente causativa di un evento di
 danno) e' valido anche in questi spazi, dove spesso  la  presenza  di
 numerosi  veicoli  in  arrivo e in partenza impone cautele non minori
 rispetto a quelle adottate in altri tratti del percorso.
   E' appena il caso di osservare che  la  mancanza  di  un  eventuale
 spartitraffico nulla prova, quando si pensi che l'area, attesa la sua
 conformazione,  e'  suscettibile  di essere utilizzata da parte degli
 addetti  ai  servizi  dell'autostrada,  di  polizia  stradale  e   di
 soccorso, per esigenze peculiari indicate dalla legge.
   Lo  spazio indicato dev'essere, inoltre, qualificato "carreggiata",
 ai sensi dell'art. 3, comma 1 n. 7 cod. strad., il  quale  indica  la
 carreggiata  come  "parte della strada destinata allo scorrimento dei
 veicoli".
   Siffatta definizione, che  costituisce  un  dato  intrinseco  della
 norma  di  cui  deve  chiarire  il  senso  e vincola l'interprete nel
 procedimento logico diretto a cogliere la volonta' della legge,  puo'
 essere  compitamente  intesa  solo  se  venga  correlata  a quella di
 circolazione, che esprime l'idea centrale della  fenomenologia  della
 viabilita'.  In  proposito,  si ricorda che, sotto l'aspetto tecnico,
 circolare e' "il susseguirsi  di  alternate  fasi  di  accelerazione,
 traslazione,  rallentamento  o  arresto"  che  non si esaurisce nello
 spostamento dei veicoli da un luogo all'altro  (non  si  parla  delle
 persone  e  degli  animali,  di  cui  in  autostrada  e'  vietata  la
 circolazione, eccezion fatta per le aree di servizio e di sosta (art.
 175, comma 6).
   La circolazione, ai sensi dell'art. 3, comma 1, n. 9  cod.  strad.,
 e' "il movimento, la fermata e la sosta dei veicoli... sulla strada",
 per  cui  comprende  anche  momento  ed  episodi che rappresentano la
 temporanea sospensione della marcia. La norma non include  l'arresto,
 vale  a  dire  l'interruzione  della  marcia  dovuta  ad  esigenze di
 circolazione (art. 157, comma 1, lett. a), ma l'omissione e' priva di
 particolare significato, non  essendo  dubbio  che  tale  circostanza
 influisce  sull'evolversi del fenomeno circolatorio. Tenendo presenti
 le suesposte considerazioni, il concetto giuridico di carreggiata  si
 specifica in una significazione tipica e riguarda la parte della sede
 autostradale  non  riservata  ne'  alla  fermata  ne'  alla sosta ne'
 all'arresto, ma allo "scorrimento" dei veicoli, inteso come movimento
 o spostamento lineare degli stessi, secondo un percorso tracciato,  e
 che  puo'  avvenire in modo piu' o meno veloce, purche' non si creino
 intralci o pericoli per la  circolazione.    Questa  interpretazione,
 lungi  dall'estendere  il  contenuto  del  termine "scorrimento", gli
 attribuisce il carattere suo proprio e lo tipizza  sotto  il  profilo
 dinamico, permettendo di affermare che lo spazio esistente nei pressi
 dei  caselli,  il  quale,  in  via eccezionale e nei casi consentiti,
 svolge una funzione polivalente, dev'essere inteso come "carreggiata"
 nel senso piu'  compiuto,  perche'  destinato  allo  scorrimento  dei
 veicoli prima e dopo il pagamento del pedaggio.
   La  manovra  di  inversione  di  marcia  in tale spazio e', percio'
 vietata ai sensi dell'art. 176, commi 1 e 19 del codice della strada.
 Infatti, il conducente pone in essere un grave fattore di  turbamento
 della circolazione, dal momento che gli altri utenti, percorrendo una
 strada  con  direzione  obbligatoriamente  orientata:  contano  su un
 assetto di marcia conforme  a  quanto  le  norme  della  circolazione
 impongono.
   Non rileva piu' di tanto che la velocita' sia ridotta nelle aree in
 questione,  volta  che  l'intensita'  della  velocita' incide in modo
 notevole nella scelta punitiva, ma non rappresenta il presupposto  di
 applicazione  della  disposizione, la cui operativita' e' subordinata
 solo alla sussistenza del pericolo di danni a persone o cose.  Avendo
 acquisito  codesti concetti di fondo, e' possibile sviluppare, con la
 disponibilita' di  adeguati  strumenti  valutativi,  il  discorso  in
 ordine al trattamento sanzionatorio della violazione.
   Pare  opportuno  precisare che il vigente codice della strada, allo
 scopo di assicurare l'osservanza delle norme della  circolazione,  ha
 predisposto un impianto repressivo composito, con larga prevalenza di
 sanzioni  amministrative,  e  il  ricorso  alle  pene criminali in un
 limitato numero di casi.
   La soluzione parapenalistica e' soddisfacente,  poiche'  sembra  in
 linea  con i moderni orientamenti di politica criminale, che vogliono
 circoscrivere  l'impiego  dello  strumento  penale  alle   situazioni
 ritenute piu' significative sotto il profilo sociale.
   Il  momento  piu'  originale  della normativa codicistica si coglie
 nell'ampliato   numero   di   sanzioni   accessorie   di    carattere
 interdittivo,  che  si  affiancano  alle sanzioni principali penali e
 amministrative.
   Questo  sistema  binario  si  rivela  particolarmente  afflittivo e
 consente l'attuazione delle strategie impiegate dai  pubblici  poteri
 per  rendere  piu'  sicura  la  circolazione  e  offrire una risposta
 efficace contro i  comportamenti  pericolosi  dovuti  a  inosservanza
 delle  norme  stradali.   L'infrazione del divieto previsto dall'art.
 176, commi 1 e 19, oltre alla pena principale congiunta  dell'arresto
 e  dell'ammenda, comporta la sanzione amministrativa accessoria della
 sospensione della patente di guida (art. 176, comma 22), ma non  v'e'
 dubbio  che  le  condotte incriminate possono, in talune circostanze,
 essere realizzate senza che sussista un pericolo concreto e  attuale,
 in  quanto  non  vi  sono,  ad  esempio,  altri  veicoli  nella  zona
 interessata alla manovra.
   Pure in questa evenienza, la patente del contravventore  dev'essere
 sospesa per un periodo non inferiore a  mesi sei.
   L'esperienza  insegna  che  gli automobilisti paventano, ancor piu'
 della pena principale, la sanzione amministrativa accessoria in esame
 che  "comprime  con  inevitabile  danno  economico  la  liberta'   di
 circolazione  -  tanto  sentita  da  questa  societa'  - e reprime in
 maniera piu' acconcia, lo scorretto esercizio di  essa"  (Cass.  pen.
 SS. UU. 19 dicembre 1990, ric. Capelli, in Foro It., II, 205 ss.).
   Occorre,  tuttavia,  evidenziare  che,  quando  dalla violazione di
 altre norme della circolazione, commessa negli stessi spazi, derivano
 danni alle persone, la sospensione della patente, ai sensi  dell'art.
 222 cod. strad. e' cosi' fissata: a) da quindici giorni a tre mesi in
 caso  di  lesione  personale  colposa lieve; b) da uno a sei mesi nel
 caso di lesione colposa grave o gravissima; c) da due mesi ad un anno
 nel caso di omicidio colposo.
   La  disarmonia  rispetto  all'art.  176  e'  evidente  e  non  pare
 giustificabile  rispetto  all'art.  3  Cost., poiche' il pericolo del
 danno, che la  disposizione  stradale  intende  neutralizzare,  viene
 sanzionato in maniera piu' grave del danno stesso.
   Trattasi  di  un  esempio  di  palese arbitrarieta' della soluzione
 normativa,  un  vizio  che  puo'   essere   censurato   dalla   Corte
 costituzionale,  la quale, pur affermando di non essere abilitata, ai
 sensi dell'art.  3 Cost., a esercitare scelte di spettanza  esclusiva
 del legislatore, ammette di avere il potere "di ricondurre le deroghe
 ingiustificate  e  le arbitrarie eccezioni alle regole gia' stabilite
 dalla legge ovvero ai principi generali univocamente desumibili dalla
 legge" (Corte cost. 18 ottobre 1983, n. 314).
   Orbene, il  principio  di  sistematicita'  del  diritto,  come  non
 contraddizione  delle  parti  che lo compongono, non esclude, secondo
 l'insegnamento  di   autorevole   dottrina,   "la   possibilita'   di
 differenziazioni,  ma  esclude  soltanto  quelle incompatibili con la
 logica del sistema". Ogni differenziazione richiede, pero', di essere
 riconducibile ad un proprio criterio giustificativo.
   Il legislatore, dunque, ha il dovere di "equiparare il  trattamento
 giuridico delle situazioni analoghe e, al contrario, di differenziare
 il trattamento delle situazioni diverse".
   Nell'ipotesi  considerata  cio'  non si verifica, poiche' chi opera
 un'inversione di marcia, che  magari  non  determini  alcun  pericolo
 effettivo,  subisce  la  sospensione  della  patente  per  un periodo
 maggiore rispetto a  chi,  violando  altra  norma  di  comportamento,
 cagioni  danni  alle  persone,  con  lesione  di  beni  aventi  rango
 costituzionale primario, come quelli della salute e della vita.
   Siffatta  disciplina,  caratterizzata da intrinseca irrazionalita',
 per contrasto con l'art. 3 Cost., rende non manifestamente  infondata
 la questione di legittimita' prospettata.
   La  rilevanza della questione e' indiscutibile, poiche' l'imputata,
 ove la  censura  fosse  condivisa,  vedrebbe  migliorata  la  propria
 posizione   sanzionatoria  complessiva,  anche  partendo  dal  minimo
 edittale previsto per la piu' grave delle ipotesi dell'art. 222,  che
 ben  puo' costituire un parametro di comparazione, tenuto presente il
 disvalore giuridico dell'infrazione  del  divieto  fissato  dall'art.
 176,  commi  1 e 19 e graduando la sanzione amministrativa accessoria
 in base agli indici di cui all'art. 218.